Lettera di aprile 2013

Carissimi studenti universitari,

                innanzitutto auguri di Santa Pasqua!

                Davanti a noi c’è il tempo dei 50 giorni, giorni di intensa gioia per la presenza del Risorto e di stupore per i colori della natura che desidera partecipare anch’essa alla vittoria sulla morte. Dopo il lungo cammino quaresimale, vissuto tra buoni propositi ed esperienze di fragilità, la fedeltà di Dio ha rotto ogni indugio: Lui è davvero fedele per sempre!

                L’orizzonte della nostra esistenza si allarga e può aprirsi a mete sconfinate che sono il nostro desiderio più profondo. Che senso ha però provare l’ebbrezza di essere nell’oceano dove possiamo dare spazio a tanti progetti se poi la vita ci riporta nella durezza della quotidianità che ci costringe a fare scelte talvolta superiori alle nostre forze e senza intravedere traguardi anche minimali?

                Cinquanta giorni sono tanti per scoprire la presenza del Risorto, se consideriamo la velocità nella storia. Ma pochi, se devono essere decisivi per la mia esistenza, soprattutto se manca un  punto fermo su cui fare leva, su cui iniziare a costruire. Molti giungono alla festa di Pentecoste, 50 giorni dopo, solo con un ricordo dell’annuncio della Resurrezione e privi di quella speranza che avevano intravisto, quasi assaporato, nell’immediata settimana della Pasqua.

                Quando ero giovane e preparavo la liturgia della settimana santa in Parrocchia, ero sempre incuriosito dal Sabato santo. In Parrocchia, si distribuivano i pacchi dono alle famiglie bisognose, ma il mio pensiero correva sempre alla scarsa attenzione che i fedeli riservavano alla sepoltura di Gesù. Avevo la sensazione che quel sepolcro fosse il simbolo di un incidente di percorso, di cui era necessario dimenticare il ricordo al più presto.

                Il sepolcro! Le donne, la mattina di Pasqua, non si erano incamminate verso  il sepolcro? Questo, sì che è realismo. Se avessero scelto altre vie non sarebbero credibili. Anche noi dobbiamo andare là, come le donne.  E da quel luogo ritornare a casa in attesa che Lui si faccia vivo nella mia esistenza.  Come è avvenuto per Tommaso, l’incredulo che è stato  trasformato dall’amore dirompente del suo Maestro!

               Ma noi perché il sabato santo non siamo in silenzio di fronte al sepolcro? Era ed è mia convinzione che non crediamo che lì nel sepolcro è avvenuto il duello decisivo della storia, quello tra Cristo e la morte!

                Essere nel sepolcro significa entrare nel regno dei morti, negli inferi: descendit ad inferos!

Cari amici,

il Crocifisso è disceso negli inferi, nel regno della solitudine e della separazione dell’uomo, ed è tornato vincitore, ha rotto le catene che impedivano ai morti di vedere la luce, il volto di Dio. Ha liberato i giusti di Israele, ha portato a compimento  l’annuncio della liberazione dei prigionieri del profeta Isaia e ha frantumato il potere della  morte sul corpo.

Stare in silenzio davanti al sepolcro di Gesù è fare esperienza del mistero più profondo della nostra esistenza. Dimenticare il Sabato Santo è negare il realismo della resurrezione, assumendo un’idea astratta di essa, quasi un mito, uno dei tanti di cui è piena la cultura contemporanea.

Cari studenti universitari,

tutti abbiamo studiato il pensiero di Heidegger, e in qualche modo ne respiriamo l’odore,  che  definiva l’uomo come l’essere per la morte.  E aveva ragione. L’odore della morte sta avvolgendo l’umanità. Pensiamo all’abitudine della cremazione dei corpi e della dispersione delle ceneri! La necrofilia è diventata cultura che pervade le scelte non solo personali ma sociali e politiche. Bisogna distruggere ed eliminare ogni cosa, talvolta purtroppo anche l’uomo, perché il cammino verso la morte deve prevalere a tutti i costi e annientare tutti!  Il necrofilo ama la morte  per vivere: mors tua, vita mea!

Heidegger aveva proprio ragione: senza Cristo l’uomo è per la morte!

Torna al sepolcro di Gerusalemme dove è stato deposto il Crocifisso e solo quando lo scoprirai vuoto la tua esistenza inizierà a respirare l’aria della vita.

Non ti fidare di chi promette messaggi di speranza, sia fuori della storia che nella storia. Ne ho ascoltati tanti! Ma tutti si sono infranti di fronte  al mistero della morte, che è in noi e davanti a noi come un macigno, come la pietra con la quale fu chiuso il sepolcro. Il problema della morte è il problema della nostra esistenza e riesploderà in modo ancora più drammatico nei prossimi anni, non solo a livello personale ma sociale.

Cari amici,

siamo chiamati a liberare l’aria delle nostre Università, delle nostre città  dalle polveri della morte. E’ il vero inquinamento! Un’impresa non facile, ma non impossibile! Ho incontrato tanti vostri colleghi che vogliono respirare l’aria della vita. Sono in attesa di sapere se la morte è la nostra condanna o è stata vinta per sempre.

A te, a noi, il compito di impedire che questa attesa sia delusa, che la loro speranza sia derubata, come ha ricordato Papa Francesco! Ma è necessario che tu ti metta in cammino, come i discepoli di Emmaus, perché la tomba è davvero vuota e la lotta contro la morte è stata vinta. Lui, il Risorto cammina ora con te, anzi è in te!

Possiamo tornare ad amare la vita, a desiderarla, a servirla guardandola con gli occhi del Risorto che in tutte le nostre scelte, piccole o grandi che siano,  ci fa pregustare la gioia dell’orizzonte pieno della nostra esistenza. Ma, soprattutto, possiamo progettarla senza cadere nel baratro della morte!

Non camminare più verso la morte. Nel tuo corpo non c’è più il segno della presenza della morte. Puoi invertire la rotta della tua esistenza perché il Risorto ha vinto la tua solitudine aprendoti la strada della  vita  eterna, come eterno è e sarà il Suo amore per te!

Ti auguro che la tua vita sia sempre pasquale, sempre vittoriosa sulla morte!

 

+ Lorenzo Leuzzi

Vescovo Ausiliare di Roma

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